Infantino era arrivato ad incarnare l'artista totale, attraversava come un testimone del proprio tempo ogni esperienza artistica gli capitasse di vivere: «Uno come me o lo chiami dissociato oppure uno benedetto da Dio». I suoi concerti erano sabba di ritmi vorticosi e di ripetizioni melodiche.
Secondo Infantino, il tarantismo ha origini orfiche e pitagoriche (proprio Pitagora viveva e studiava a Metaponto, in vista di Tricarico) ed è comunque legato, fin dalle culture mediterranee pre-greche, ai complessi riti di possessione e di musicoterapia che dettero vita per esempio ai "fescennini" carnevaleschi delle genti etrusche e italiche.
“Avevo avuto occasione di intervistare Infantino varie volte, ma un giorno ci siamo seduti a pranzo e abbiamo parlato a lungo. Lui ha attaccato a parlare di Pitagora, di Aristosseno, di Parmenide, dei Dervisci. E io lì a chiedermi: ma che diavolo c’entrano con la tarantella? Non avevo capito niente. La sua musica l’avevo sentita, ma non l’avevo ascoltata. Capii, però, che c’era un libro da fare su di lui. C’era da fare un viaggio nella sua testa. E così, documentandomi, ascoltando, girando, ricercando, registrando e poi tornando a parlare di nuovo con lui, ho capito che Antonio Infantino è una rockstar”.
È l’immagine del musicista, poeta e scrittore di Tricarico (Matera) Antonio Infantino dipinta dal giornalista potentino Walter De Stradis nella biografia “Nella testa di Antonio Infantino”, pubblicato da Villani editore.
Tricarico, estrema propaggine meridionale del sistema appenninico, è stato da sempre un centro della transumanza delle greggi: dalla sua antichissima cultura, e da quella di altri centri collegati in tutto il Mediterraneo, sono partiti certamente gli elementi base non solo della tarantella, ma di gran parte delle musiche e dei riti tradizionali dell'area.
SCHEDA
Antonio Infantino, morto a Firenze a 73 anni,
- autore della celeberrima Gatta mammona;
- guida dei Tarantolati di Tricarico dagli anni 70;
- poeta amico di Ferlinghetti
- artista che aveva esposto alla Biennale di Venezia,
- scenografo e costumista di Dario Fo, per il quale musicò l'Arlecchino alla Biennale Teatro di Venezia.
- architetto laureato a Firenze e per ultimo docente universitario.
“ Negli anni 70 dominio dei cantautori puntava «sul ritmo, sul battere e levare, io uso la metrica: il mio non è folklore, non sono tradizioni popolari, è una sintesi per arrivare a un'evocazione, a un paesaggio sonoro».”
Negli ultimi anni indossava sempre una stola con la quale si copriva il capo e così si presentava sul palco, il che gli conferiva un'aria sciamanica.
Come nell'ultima edizione dello Sponz Fest di Vinicio Capossela: «Infantino era un filosofo, un pensatore che esplicava il suo pensiero anche in musica in modo molto sperimentale», ricorda Capossela. «Lavorava sulla trance: è stato bellissimo vederlo andare avanti su un solo accordo per decine di minuti, filosofando, portando la cosa al punto di fusione con le ritmiche tirate a lungo. Puntava all'esperienza estatica, a un movimento circolare e ascendente.
Il misticismo come respiro quotidiano
Un'esperienza quasi mistica, credo fosse una persona profondamente religiosa, ma anche profondamente dentro le cose: penso a come con Enzo Del Re descrisse uno sciopero di braccianti nel pezzo Avola ».
Infantino sapeva come raccontare il Sud, ogni Sud ma in particolare la Lucania, la terra delle radici familiari, come nel suo ultimo lavoro da attore in Lucania, il film di Gigi Roccati co-prodotto da Rai Cinema e ora in fase di montaggio: «Antonio è una delle anime del film, in cui interpreta se stesso», spiega Roccati. «Ho scritto il suo personaggio su di lui, il mistico che guida un rito di taranta sulle montagne del Pollino.
Dice nel cerchio magico: "Io berrò dal lago di memoria e camminerò tra gli altri mistici". C'è tutto Antonio, memoria di quella terra: ha saputo portare la musica di Pitagora nella taranta contemporanea, anima antica che sta nel futuro».
(da una nota di Carlo Moretti )
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